La crisi

Questo post è un flusso di coscienza che sarebbe destinato ad altri lidi, ma che io, un po’ per auto-stimolarmi, un po’ anche per smentire le tristi aspettative del “Scriverò due articoli e poi via”, scrivo nel blog.

In realtà c’è un motivo forse un po’ più nobile, anche se, chissà, pretenzioso, per cui sto scrivendo queste due righe. Ultimamente mi è capitato di parlare con molte persone, che, per un motivo o per un altro, mi hanno detto di essere “in crisi”.
O magari sono io ad averci fatto caso per il solito principio poco etico del “mal comune, mezzo gaudio”. Ed ogni volta che è successo mi sono sentita sollevata, sollevata dalla presa di coscienza di quanto sia facile e lineare trovare una soluzione, andare avanti “sciogliendo la complessità”, quando però lo si fa con i dubbi degli altri . Quindi provo a scrivere come mi sento, con la speranza che possa essere utile a qualcuno, perché capire se stessi specchiandosi su qualcun altro è senz’altro più facile che farlo davanti ad un muro.

La crisi, quella “vera”, quella economica, io la vedo come una risorsa. È una risorsa -le mie affermazioni sono relative ad alcuni particolari contesti, non intendo sottovalutare situazioni assolutamente drammatiche generate dalla crisi- perché obbliga a reinventarsi, a cercare, ad adattarsi, a viaggiare, a percorrere strade non ancora battute.
In realtà, la crisi ti toglie una certezza per darti tante possibilità. Ti toglie la certezza del lavoro facile, trovato senza fatica, magari sotto casa, e ti dà la possibilità -per non dire ti obbliga- ad andartelo a cercare in Germania, in Australia, in Sud America.
Ma questa non è una possibilità, sono tante. Sono talmente tante che, se da una parte rappresentano la quasi-certezza che, prima o poi, qualcosa “verrà fuori”, dall’altra, appunto, alimentano la crisi.

È a questo punto che, secondo me, sorge la crisi individuale, quella forse ancora più “vera”, probabilmente perché l’ho toccata con più mano rispetto a quella economica. La crisi di aver davanti così tante possibilità da trovarsi paralizzati. A chi non è mai successo?
Può essere conseguenza della crisi economica, ma non solo.
Ci sono particolari momenti della vita che predispongono all’entrata “in crisi”. La fine di un ciclo, che sia scolastico, universitario, lavorativo o sentimentale, per esempio.

Se dovessi seguire lo schema delle tante malattie che ho studiato negli scorsi anni, dopo aver analizzato cause e fattori di rischio dovrei passare a descrivere clinica, diagnosi e terapia.
Ma:
1) una persona in crisi, come lo sono io, è per definizione non ordinata, quindi salto i passaggi della clinica e della diagnosi -perché troppo eterogenee per essere schematizzate- e passo subito alla terapia.
2) chi l’ha detto che la crisi è una malattia? La crisi è una condizione che si autolimita e che non può non evolvere, trasformandosi in una risorsa. Lo ribadisco, e cerco di convincerne anche me stessa.

Quindi, la terapia sarebbe soltanto sintomatica, e comunque individuale. Cerco di schematizzarla utilizzando alcuni consigli che ho carpito qua e là da tante persone care, più o meno in crisi. Darsi tempo rubandolo a tutto il resto, che è forse il più facile da intuire ma il più difficile da praticare. Immaginarsi le situazioni motivo di indecisione, e scegliere quella che -secondo noi, secondo le nostre aspettative- ci renderebbe più felici. Pianificare qualcosa, quel tanto che ci permetta di vivere sereni, nel giusto compromesso tra il “vivere alla giornata” per assecondare la precarietà dell’esistenza e la “possibilità de campa’ cent’anni”. Fare ordine, ogni tanto, dandosi piccoli obiettivi a breve termine.

Poi ci sono i rimedi individuali e personalizzati. A me, ad esempio, scrivere fa bene. Di solito non lo faccio così pubblicamente, perché mica si può correre sempre il rischio di scrivere un fracco di cavolate.
Qualche volta, però, sì, anche perché “quando inizia una crisi è un po’ tutto concesso, come a Carnevale”.

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