Poiché sarebbe o troppo difficile o troppo banale parlare della Turchia che ho vissuto da febbraio a pochi giorni fa confrontandola con le notizie che circolano negli ultimi tempi, vorrei esulare totalmente dal contesto dell’attuale momento storico, e condividere semplicemente alcune mie riflessioni. In questo modo potrei riuscire a mantenere uno dei tanti buoni propositi che, puntualmente, mi ripropongo ogni volta alla fine di un viaggio, ma che, altrettanto puntualmente, rimando di giorno in giorno fino ad arrivare al viaggio successivo: quello di selezionare le foto fatte per svilupparne le migliori e di mettere nero su bianco alcuni ricordi fintanto che, per quanto confusi, siano ancora vividi.
İzmir, forse meglio conosciuta come Smirne, è una città della Turchia centro-occidentale che conta più di quattro milioni di abitanti, la maggior parte dei quali affermerebbero con orgoglio e un pizzico di presunzione di avere la fortuna di vivere nella

Konak, la torre dell’orologio
città più progredita del Paese, e di non riuscire a immaginare di poter vivere in nessun’altra città della Turchia; primato indiscusso della loro lista nera spetta a İstanbul, con i suoi venti milioni di abitanti e le tre ore che ognuno di questi impiega per concludere il tragitto casa-lavoro (tempo fisso che sembra prescindere dalla distanza effettiva tra abitazione e luogo di lavoro).
Durante uno dei miei ultimi pomeriggi a İzmir, aspettavo un türk kahvesi orta şekerli –caffè turco mediamente zuccherato- seduta al tavolino di un bar di Karşıyaka. Karşıyaka è il primo quartiere della città con cui ho preso confidenza e, forse, quello a cui mi sono più affezionata. Chi vive a Karşıyaka non ne parla come di un quartiere di İzmir, ma come di

Musica turca nel bar di Kaşıyaka
un’altra città; il nome stesso, tra l’altro, significa proprio “l’altra sponda”, stando a rimarcare la contrapposizione con il resto della metropoli che si trova dall’altro lato e che si raggiunge con quindici minuti di vaporetto o venticinque di metro. Potremmo dire che gli abitanti di Karşıyaka stanno a İzmir come gli abitanti di İzmir stanno alla Turchia.
Aspettando il mio caffè turco -piccolo consiglio: prima di berlo lasciate passare qualche minuto perché la polvere si depositi- mi guardavo attorno con quello stato d’animo
mediamente malinconico che s’insinua in me ogni volta che si avvicina una partenza, andata o ritorno che sia. Quello stato d’animo noto a molti che, oltre a rendere ai nostri occhi tutto ciò che ci circonda più esotico e interessante, preannunciando il fardello di nostalgia che ci porteremo addosso, è anche condizione ottimale per fare il punto della situazione, per cominciare a riordinare e attaccare i pezzetti di riflessioni che poco a poco abbiamo disordinatamente accumulato.
In particolare, osservavo la ragazza seduta al tavolino accanto al mio mentre faceva un cruciverba nell’attesa che la monetina che aveva appoggiato sulla sua tazzina capovolta si raffreddasse, a indicare che il fondo del caffè da lei bevuto era pronto per essere letto e predire il suo futuro. Ho provato a immaginare quanta speranza frammista a paura dimori nella parte più ancestrale di ognuno di noi nell’attesa che quella monetina si raffreddi, e a quanto sia divertente per la nostra parte più razionale osservare la preparazione alla lettura del fondo del caffè e ascoltarne il verdetto. La ragazza, però, probabilmente avvezza a questo rituale in cui non riponeva più troppe speranze, si è alzata lasciando la sua tazzina lì, capovolta, così come capovolte ci appaiono quelle usanze e abitudini lontane dal nostro modo di essere, che siamo soliti definire “cose turche”.

Mercato di Bostanlı (İzmir), mercoledì
A parte le evidenti differenze culturali, i bazar, il cibo, i minareti delle moschee e il richiamo alla preghiera, ora elencherò altri aspetti della Turchia che ho avuto la fortuna di percepire o conoscere pur trovandomi ad İzmir e che potrebbero apparirci capovolti rispetto ai nostri standard o alle nostre abitudini: le differenze geografiche, che in Turchia sono più distintive tra est e ovest piuttosto che tra i nostri nord e sud, l’utilizzo della formula afıyet olsun -una sorta di buon appetito– ripetuta anche nel momento in cui si lascia il ristorante, il rakı (liquore simile alla nostra sambuca) ad accompagnamento del pesce, il gelato turco che non si scioglie mai, la lingua turca, con la sua struttura soggetto-oggetto-verbo, il suo utilizzo dei sostantivi al singolare seppur accompagnati da un aggettivo numerale maggiore di uno (iki bira significa letteralmente due birra), la sua assenza di genere e, in generale, con la sua logica completamente rovesciata rispetto alle lingue romanze e, immagino, alla maggior parte delle lingue indoeuropee.
Tuttavia, esulando da quanto appena elencato, e restringendo l’affermazione ad alcuni quartieri (Alsancak, Bostanlı e Karşıyaka principalmente), ad İzmir, in due mesi e mezzo, di “cose turche” non ne ho viste tante, e per alcuni aspetti la città mi è apparsa molto più aderente agli standard europei rispetto ad alcune grandi città italiane -esempio sono la puntualità svizzera dei vaporetti e la buona condizione della pista ciclabile sul lungomare.
Se doveste capitare nella zona, dopo aver dedicato due giorni tra il bazar di Kemeraltı, l’ascensore di Göztepe, e un breve giro per i quartieri di Bornova, Alsancak e Karşıyaka -spostandovi rigorosamente, quando possibile, in vaporetto– vi consiglio di affittare una macchina approfittando del prezzo dei noleggi che è molto inferiore alla media europea. Basta poco tempo, infatti, perché la vista dei palazzoni che si affacciano sul lungomare di İzmir diventi opprimente; i dintorni della città offrono un po’ di respiro, anche se, da quello che dicono, d’estate sono piuttosto affollati. In ogni caso, vale la pena fare un giro ad Urla, Alaçatı, Efeso, Şirince (dove potrete assaggiare vini di diversi frutti), Foça, Çeşme (anche se verosimilmente qui rimarrete delusi dal gelato che pubblicizzano come il migliore della zona) e, a circa 300 km a sud-est di İzmir, Pamukkale, con le sue piscine naturali nelle formazioni di travertino che ricordano la Scala dei Turchi di Agrigento.